A casa, in una bacheca dello studio, conservo una preziosa raccolta di cimeli veterinari. Oggetti raccolti nei vent’anni della mia carriera, trovati, raccolti o donati da amici; tutti gelosamente custoditi.
La borsa conteneva i bisturi multiuso, da affilare e sterilizzare.
I salassi non li usavano i veterinari, ma i “pratizi”. Contadini esperti che si dedicavano alla cura degli animali. Il veterinario era prezioso, costava o non c’era e dunque ci si arrangiava come si poteva. Poche medicine molta manualità, tra queste, i salassi appunto. Somministrati alle povere bestie, servivano per cercare di farle guarirle. SANGUE GROSSO, FURIA DI SANGUE o “CARGAZION DE SANCC o DAL STOMECC”: era la diagnosi più frequente. Cioè, di qualsiasi cosa fossero malate, alla fine se la dovevano vedere anche con l’ipovolemia. E’ proprio il caso di dire che guarivano nonostante la cura!
Lo speculum serviva prevalentemente per la fecondazione artificiale. Fino agli anni ’80 si faceva ancora all’italiana cioè rimanendo completamente all’esterno della vacca e inoculando per via trans-vaginale il seme direttamente in utero con l’operatore che non lavorava come oggi anche per via trans-rettale.
Il TREQUARTI era uno strumento infernale: veniva piantato come un pugnale nel fianco sinistro della vacca quando questa, affetta da meteorismo, si ritrovava con il rumine gonfio come un pallone col rischio di morire soffocata. Una volta piantato, la guaina metallica veniva lasciata in situ e si estraeva l’anima di acciaio al fine di ottenere un canale dal quale far defluire il gas fin quando la vacca non fosse guarita.
Gli aghi anestesia tronculare invece servivano per iniettare la lidocaina direttamente nei nervi della parte laterale dell’addome al fine di anestetizzare la parte e poter aprire una via chirurgica per effettuare interventi quali il taglio cesareo o la dislocazione dell’abomaso.
Molto più facile spiegare lo scopo di porre un anello al naso ai tori. Questa sorta di mega-piercing veniva applicato per riuscire a gestire gli animali. Trattenerli per questa parte, provoca dolore e loro rimangono più gestibili. Nelle stazioni di monta, proprio quelle descritte nel libercolo ritratto nel fondo del ripiano, leggiamo dell’azione zootecnica in Trentino tra il 1907 e il 1908
I volumi più antichi sono finiti di stampare nel 1887. La maggior parte porta la firma del loro proprietario, il dottor Meggio, con date che vanno tra il 1911 e il 1914. Sono in tedesco perché a quel tempo evidentemente si era indirizzati a frequentare la facoltà di Vienna.
Del resto, lo stato al quale appartenevamo al tempo era l’Austria ed evidentemente noi Trentini a studiare, ci recavamo nella Capitale!
L’esemplare sopra appartiene ad una razza da lana. Un’attitudine interessante superata oggi ma ricercata in passato, almeno fino alla fine degli anni 70.
Di quegli anni conservo ancora nitido un ricordo mio e di mio padre alla “fera de San Matio” a Borgo. Lì si faceva anche il prezzo della lana dell’autunno. Ebbene un’anno, della nostra lana ricevemmo duemila lire al chilo.
Da un paio di decenni ormai, la concorrenza delle razze neozelandesi ed australiane ha buttato però alle ortiche il prezzo della lana locale. Sottoprodotto dell’allevamento della pecora è considerata rifiuto speciale da smaltire e dunque per il pastore la tosatura è un costo. Si effettua comunque per motivi igienico sanitari, in particolare per contrastare meglio le ectoparassitosi – rogna e zecche -.
Ma queste, sono altre storie.
Il senso di questo pensiero forse è proprio questo: nella vita credo sia importante buttarsi e seguire le proprie passioni, qualunque esse siano. Con entusiasmo ed impegno anche se apparentemente non si vede derivare da queste, immediata prospettiva. Al tempo della foto, io ad esempio, non avrei saputo dove sbattere la testa per trovare anche un solo, unico, inarrivabile primo cliente. Nè immaginavo che poi, ne sarebbero arrivati, come è stato, moltissimi.
Insomma, le difficoltà passano ma i ricordi, belli o brutti che siano rimangono con noi. Nelle nostre personali bacheche, reali o interiori è importante conservarli con cura, come oggetti preziosi. Ci ricordano la fatica, nostra od altrui, qualche volta si affievoliscono, fino a scomparire, alcune altre rimangono vivi, intensi.
Un cosa però fanno sempre: ci insegnano ad andare. Avanti.