Potrebbe sembrare una barzelletta non venisse proprio dagli addetti ai lavori. Vediamo insieme cosa è successo. Qualche giorno fa l’Ufficio stampa della Provincia ha comunicato che il 70% del legname proveniente dai boschi schiantati da Vaia è stato raccolto e commercializzato. Un’ottima notizia da mettere in luce ma di fatto nasconde alcune ombre piuttosto pesanti.
La carenza di materia prima
Tutto parte dalla segnalazione di un amico frutticoltore che da parecchio tempo sta cercando di opzionare pallet da utilizzare per la propria azienda. Di fatto la segheria alla quale si rivolge, pare non sia in grado di evadere l’ordinativo. Si badi bene, stiamo parlando di un’azienda assolutamente locale e che si avvale prevalente della filiera del legno locale. Da più parti, si denuncia la carenza di materia prima. E’ particolarmente evidente in questi giorni poiché l’apertura della stagione agricola l’ha messa drammaticamente in luce.
La kafkiana mancanza di legname nel Trentino post-Vaia
Basandomi sulle mie precedenti conoscenze di assessore alle Foreste, mi sono preso allora la briga di fare una piccola indagine tra gli addetti al settore. Ho scoperto, in pratica, che questo problema è piuttosto diffuso anche nel resto del Trentino.
Ci troviamo dentro una vicenda dai toni kafkiani. Mai così tanto legname è stato disponibile, mai così scarsa disponibilità per i nostri laboratori ed utenti locali. Grazie alle informazioni raccolte, cerchiamo insieme di capire perché.
Cosa è successo?
La regia Provinciale con un accordo di programma tra gli enti locali e le segherie trentine avrebbero dovuto garantire la fornitura del materiale. Di fatto tutto questo è saltato come ultimo effetto di una serie fatale di errori.
All’inizio, di fronte a quell’enorme quantità di legname, gli enti locali sono stati mossi dalla paura di non riuscire a liberare i propri boschi dagli schianti. Pur di liberarsi di un effettivo problema (come biasimarli?) avevano iniziato a opzionare le vendite anche a prezzi stracciati. Direi che l’intento è riuscito benissimo in quanto un’enorme quantità di legname è stata piazzata molto velocemente. Di fatto, questa condizione si è rivelata una forma di programmazione profondamente sbagliata. E’ saltata l’occasione di costruire una vera filiera del legno che avrebbe dovuto attendere qualche momento di riflessione politica in più.
La beffa dell’Austria
Il legname sbrigativamente venduto soprattutto in Austria si ripresenta ora come una vera e propria beffa. Oggi, è pronto a tornare sul nostro mercato sotto forma di semilavorato a prezzi resi elevatissimi dalla stessa mancanza di materia prima locale. E ce la siamo provocati da soli!
Cosa si sarebbe potuto fare?
Una ricetta c’era. La PAT, come del resto era stato annunciato, avrebbe potuto intervenire realizzando molti più piazzali di quelli effettivamente approntati. Li abbiamo visti in qualche zona del Trentino. Aree relativamente poco costose da predisporre, dotate di irrigazione per tenere bagnato il legname per permetterne una corretta stagionatura.
E bella, che la Provincia aveva pure normato in materia, anche in questo caso con relativa conferenza stampa (non ricordo se con la solita foto di giunta o senza). Vaia, è stata una vera e propria disgrazia. Il post-Vaia invece, si sarebbe potuto trasformare in una formidabile occasione. Invece, la modifica all’approccio alla coltivazione del bosco è completamente sfumata.
C’è bisogno di coltivare e riperimetrare il bosco?
Per dare dei dati si tenga presente che in Trentino, la capacità di taglio sulle segherie autorizzate è di circa 800.000 metri cubi all’anno mentre la coltivazione dei boschi locali in fase ordinaria al netto di Vaia ne preleva, se la memoria non mi tradisce, 4 o 500 mila al massimo. I due terzi della superficie provinciale sono coperti da boschi. La nostra zootecnia, si trova di fronte ad un atavica fame di terreni da coltivare a verde sotto forma di biocompatibilissimi prati. Che non richiedono nessun trattamento chimico per rimanere tali. anche agli occhi dei turisti! Insomma una situazione paradossale che aggiungo io non ha dato soddisfazione nemmeno alla parte agricola. Come detto, si sarebbero potuti recuperare nuovi pascoli dal bosco meno storicizzato.
Il bostrico tedesco incombe
E si badi bene, i problemi mica si fermano qui: il mercato sta vivendo una strategia particolarmente attendista perché ulteriori notizie dal settore raccontano di una gravissima epidemia di bostrico anche in Germania. Se i dati ipotizzati corrispondono al vero potremmo trovarci sul mercato alpino ulteriori 40-50 milioni di metri cubi di legname imprevisto. Fatto che nel bene o nel male destabilizzerebbe ulteriormente il nostro mercato.
Un fallo dopo l’altro che non sembra lasciar pace alla nostre imprese. Frutticole: senza pallet, zootecniche: senza pascolo, del legno: senza materia prima. Davvero notevole.