Come ad ogni inverno l’influenza si ripresenta anche nei bovini. E quest’anno, a macchia di leopardo, ha già fatto capolino in qualche Valle del Trentino.
L’influenza delle vacche. Tra addetti ai lavori la chiamano volgarmente così. Ma solitamente, a provocarla non è un virus propriamente influenzale. Molto spesso, e a ben vedere si tratta di una conoscenza ormai diffusa. Udite bene: un Coronavirus. Un cugino diretto del feroce microrganismo che affligge l’umanità in questo frangente temporale.
La conferma, in diagnosi differenziale rispetto ad altre affezioni stagionali, deve sempre avvenire dal laboratorio. Nel frattempo, l’unica cosa certa sono sintomi e danni. Nei bovini provoca una forma di diarrea anche emorragica con una serie di danni collaterali. Tra tutti, i più temuti dagli allevatori consistono soprattutto nel calo del latte e mortalità neonatale Qualche mese fa una rivista specializzata di settore ne ha predisposto un interessante sintesi che potete leggere a QUESTO LINK.
Eppure non è l’unico flagello che in questo periodo affligge la zootecnia. Come ben riporta il Presidente della Federazione allevatori, anche l’aumento dei costi delle materie prime influisce sulla remuneratività aziendale.
Ecco perché ha particolarmente stupito durante questa finanziaria il rifiuto da parte della Giunta provinciale di mettere a disposizione risorse supplementari per un settore particolarmente a rischio.
Non sono stati anni particolarmente difficili quelli passati. Ma gli ingredienti per vedere un futuro nero oggi ci sono tutti.
Attendere risultati drammatici per prendere provvedimenti non è assolutamente serio per un’amministrazione che si rispetti.