Correva l’anno 2018 e tutto era pronto per permettere ad un impianto di cogenerazione di partire al più presto.
Non si sarebbe trattato di un’attrezzo qualsiasi quanto piuttosto dell’impianto della Latte Trento: “un’aziendina” cooperativa che raccoglie all’incirca il 40% del latte trentino. Per dirla in parole povere, la casa del latte alimentare di famiglia della Provincia Autonoma di Trento.
Vista l’importanza di questo consorzio, rispetto al comparto al quale appartiene, la precedente giunta provinciale aveva attivato specifici strumenti di sostegno. Tra i vari, ne era stato previsto uno idoneo alla realizzazione dell’impianto citato qui sopra.
Purtroppo, difficoltà tecnico-amministrative sopravvenute durante il cambio di governo provinciale non sono state adeguatamente gestite dalla giunta attuale. A mio modesto modo di vedere, si tratta di uno degli effetti del fatto che nei primi tre anni di governo leghista, la Latte Trento era sparita dai radar di frequentazione della giunta provinciale.
Dal recente e cambio di presidenza, (pare spasmodicamente sponsorizzato dalla vicepresidenza dell’esecutivo provinciale) le cose sono finalmente cambiate. Gli Spini di Gardolo, disertatissimi nei primi tre anni di legislatura, sono oggi di nuovo ricomparsi sui social della lega. Anzi si deciso di partire col botto.
A guisa di novello pontiere di un recuperato rapporto, i leghisti trentini hanno deciso di inviare niente poco di meno che il loro massimo rappresentante del Consiglio Regionale. La partecipazione sembra convinta e genuina. Peccato che l’organo istituzionale in visita al settore non abbia grossissime competenze utili al comparto. A meno che non ci sia un impellente bisogno di premi rappresentanza quali coppe, medaglie o libri, la Regione, per il settore lattiero caseario può far ben poco. Ma si sa, anche se le aziende agricole in questo momento avrebbero bisogno d’altro, una pacca sulle spalle non fa mai male.
Il vero peccato è che se l’impianto in parola fosse partito nei tempi previsti avrebbe cominciato a funzionare prima, permettendo un risparmio che oggi latte Trento si troverebbe già in tasca.
Ma non basta: dedicare attenzione alla zootecnia significa stanziare fondi e distribuire contributi attraverso iniziative che valorizzino il settore. E purtroppo, promozione e altre forme di sostegno ulteriori rispetto al passato non si sono ancora viste, né per la cooperativa in questione né per gli altri caseifici.
Nonostante le notevoli disponibilità finanziarie della presidenza sul proprio fondo di riserva, questa maggioranza ha lasciato tutti delusi. C’è infatti anche un’altra metà del cielo lattiero caseario trentino che soffre altrettanto pesantemente. Si tratta del consorzio di secondo grado Concast e l’azienda privata Casearia Monti Trentini.
Insomma, attraverso il dialogo e il sostegno a tre soli soggetti, si potrebbero raggiungere tutte le 700 stalle da latte trentine ormai rimaste.
Per ora siamo fermi alle promesse, con l’unica vera novità rispetto al passato: si inviano attraverso uno schermo o mandando emissari da un altro Ente pubblico.