Cosa volete che vi dica! Sarà perché sono nato in una famiglia che del pascolo (vagante) ha fatto ragione di vita, sarà perchè poi, da veterinario ho lavorato per chi trasforma l’erba in latte. Fatto sta che dentro a un mio personalissimo senso estetico, nel paesaggio trentino vedo molto meglio il verde chiaro dei prati che quello scuro dei boschi.
Così da dentro al Consiglio provinciale abbiamo in ben più di un’occasione stimolato l’esecutivo provinciale a trasformare il dramma di Vaia da necessità in virtù. Eppure, no! La giunta caparbia, anche in un momento economico meno critico di quello attuale uno sforzo anche minimo non lo ha mai voluto fare. Nemmeno all’inizio del proprio mandato.
Eppure la zootecnia avrebbe avuto bisogno di nuove superfici a prato e pascolo. Pensate che proprio la stessa corrente politica di quella locale, promuove a livello statale la sovranità alimentare. Per portare a casa sapete che cosa? La revisione in sede comunitaria dei piani di autorizzazione ai seminativi. In aumento.
Per il Trentino, basterebbe agire in Autonomia, se solo si fosse voluto. Avere più superficie prativa avrebbe significato più pascolo, più erba e di relato, anche più foraggio. E questa è una materia prima che importiamo, in qualche caso anche in maniera importante. La acquistiamo dalla pianura.
Inoltre, avere più superficie prativa avrebbe aumentato gli ettari da ammettere a premio, ai sensi della PAC.
E ancora, di certo avremmo recuperato un po’ più di aspetto aperto del paesaggio da valorizzare ai fini dell’accoglienza turistica.
Sappiamo che è tutto così difficile da gestire, ci mancherebbe. Coi servizi forestali e le imprese boschive che hanno fatto i salti mortali per fronteggiare il disastro del 2018, implementato ora in una seconda ondata provocata dal bostrico. E ci mancherebbe il non agire dove la funzione del bosco è di protezione dal rischio idrogeologico. Ma quanti ex-campigli rimboschiti ci sono? E quanto si potrebbe ancora lavorare per riportarli “in vita”?
Così mentre la Provincia annuncia il suo giusto impegno per il rimboschimento, gli allevatori se ne faranno una ragione. Di sostegni alle bonifiche non se ne sente nemmeno lontanamente parlare. Per trovare qualche prato in più da inserire nel proprio fascicolo aziendale, alcuni si accontentano di recuperare i prati non più utilizzati dalle stalle che chiudono. Una prospettiva tanto limitata quanto lugubre. Davvero un peccato.