Autonomia come strumento. Valorizzata come esercizio di responsabilità per tutelare i cittadini e il loro rapporto con la società, a partire dal mondo del lavoro. L’obiettivo? La competitività.
- Che senso ha per le imprese trentine esercitare la propria attività in una Provincia Autonoma rispetto a farlo in una Regione a Statuto ordinario?
- A che punto è il completamento della rete a banda larga nella nostra Provincia?
- Le promesse di investimento nel settore, fatte dalla provincia in queste ore, quanto ci metteranno a passare dalla fase di promessa elettorale alla reale trasmissione dei dati?
- Le pur deboli peculiarità della nostra fiscalità almeno laddove possibile sono in grado di offrire la miglior agevolazione al mondo del lavoro locale?
- Iter burocratici eterni, selva di regole che si sormontano, rispondono certo alla proverbiale onestà delle genti di montagna. Ma quanto frenano la facilità dei processi e la velocità nella risposta?
- Non è forse che la dotazione di mezzi e personale da parte della PAT è inadeguata? E la digitalizzazione del suo rapporto con il cittadino possono considerarsi soddisfatte da promesse di intervento in chiusura di legislatura?
- E ancora, le azioni della politica rispondono ad un disegno di sistema o sono frutto di un accumularsi di risposte in forma di spot alle varie richieste?
Queste tante, troppe domande, in qualche caso non hanno nemmeno risposta. Scaturiscono dalla constatazione di una realtà afflitta da problemi di attualità spesso mal gestiti dalla stessa politica che li doveva lenire.
Fin da inizio mandato criticammo il metodo. Ci rendemmo conto che l’approccio di questa politica locale rispondeva in maniera puntuale alle singole richieste delle varie categorie o delle lobby di interesse. E così ha continuato a fare per tutta la legislatura. Alla fine, la politica a gettone ha prodotto provvedimenti spot come quello fermato dallo Stato della chiusura dei centri commerciali. Il risultato? Milioni di danni e commessi scontenti perché illusi per niente.
Pensiamo al modo di sostenere le imprese nel bel mezzo della crisi. I tanto sbandierati aiuti Qualità Trentino ad esempio, non sono stati altro che una fotocopia di provvedimenti che in Provincia ci sono sempre stati. In questo caso sono stati promozionati in forma di bando per farli sembrare una novità.
E che dire degli aiuti ai settori in crisi da pandemia, sviluppati come sostegno in conto interesse per nuovi debiti. Fermi in preammortamento per due anni, presenteranno il conto delle rate adesso, nel pieno della seconda crisi con gli interessi sulle rate stesse che iniziano a salire. Ecco perché quello che l’Assessore dedicato chiama volano messo in campo per le imprese in realtà non sono altro che ulteriori 330 milioni di debito che le imprese, pur con tutte le dovute agevolazioni dovranno pagarsi.
Poi ci sono i problemi mai affrontati. Pensiamo ad un esempio tra tutti, quello della carenza di personale. Nel turismo, nel commercio, nell’artigianato e nell’industria. Siamo consapevoli che non può essere affrontato da un Trentino isolato e solo quanto piuttosto in una logica di sistema e di collaborazione con lo Stato. Ma fin quando non gestiremo le questioni dei flussi migratori in maniera sistemica finiremo per subire soltanto le decisioni altrui. (Specie se le uniche lettere che abbiamo spedito al governo sono quelle con la richiesta di accorciare il calendario scolastico per far venire più turisti nel proprio e nell’altrui albergo durante le vacanze invernali).
Il Trentino insomma ha bisogno di una visione d’insieme dove gli sforzi economici della Provincia, sempre meno in grado di intervenire sul singolo o sul privato, dovranno concentrarsi sui servizi, sullo snellimento delle procedure e sui rapporti con lo Stato.
Sburocratizzare, snellire, velocizzare. Per davvero. Dovremo, potremo essere laboratorio di applicazione di norme e regole, esempio per l’Italia che viaggia e lavora, anziché luogo di privilegi mai davvero compresi dal resto della nazione.