Essere autonomisti

Da Michele Dallapiccola

Che cosa significhi oggi essere autonomisti è qualcosa che ai trentini sembra rimanere ancora piuttosto oscuro.

Forse perché di partiti che si proclamano tali c’è solo l’imbarazzo della scelta e dunque nessuno di loro prevale sugli altri.

Non c’è forza o movimento politico che ormai non si dichiari tale. A partire dal partito statalista per antonomasia: Fratelli d’Italia. Durante la tornata per le elezioni nazionali di settembre, i suoi rappresentanti hanno trascorso tutto il tempo a proclamarsi autonomisti. 

Ma si sentono autonomisti anche i leghisti, i dem, i civici e manco a dirlo pure noi di Casa Autonomia.eu.

Chi ha a cuore questo modo di agire politico rivendica maggiore potere decisionale rispetto alla sovranità statale, alla quale rimane sottoposto il proprio corrispondente territorio.

Questa condizione in Trentino l’abbiamo già definita, seppur mai compiutamente. Insieme al vicino Alto Adige siamo gli enti locali che possiedono il maggior grado di responsabilità rispetto allo Stato.

In questo contesto, i partiti autonomisti si occupano della diffusione della cultura e dello spirito politico che li contraddistingue. Che non si annulla né si confonde o conclude con il piacere di promuovere la divulgazione della storia, della cultura e del folklore locali. Tutti elementi utilissimi, che contribuiscono ad alimentare una maggiore cultura identitaria ma hanno poco a che fare col buon governo del territorio. 

Che poi dal punto di vista culturale ci sia comunque bisogno di maggiore consapevolezza lo certificano le parole del Presidente della Provincia dei giorni scorsi. Abbiamo già avuto modo di stigmatizzare la sua disponibilità nello spingere per una Macroregione collaborando con gli altri governatori regionali del nord-est. Una sorta di Trivento lombardo emiliano. 

Interessantissimi i partner regionali tirati in ballo, pericolosissima la condizione che ci spingerebbe a separare il nostro destino e la nostra attuale collaborazione amministrativa con Bolzano. 

L’Autonomia trentina, questa insidiata.

Se poi nel frattempo a livello romano l’attuale Governo mettesse mano alla riforma della Costituzione, la frittata diverrebbe completa. Il presagio deriva dalla dichiarata volontà del governo Meloni di istituire il “presidenzialismo” anche a livello italiano. 

Su pressione delle destre tedesche e la connivenza della destra trentina, potrebbe accadere un fatto. Nelle spire della riforma della Costituzione potrebbe finire stritolato anche lo Statuto di Autonomia. Con la scusa di un lifting potrebbe letteralmente venire segato in due pezzi: uno trentino e uno altoatesino. Inizialmente uguali. 

Questo incubo liquiderebbe come inutile l’istituzione Regione da sempre tanto antipatica agli autonomisti della destra altoatesina. Quadro, quello regionale, da sempre invece tanto utile al Trentino perché aggancia la nostra Specialità di governo a quella altoatesina. Così poi, col passare del tempo, quest’ultima, grazie ad una minoranza linguistica forte, tutelata da accordi internazionali, potrebbe lasciare per sempre al palo quella trentina.

Allora immaginatevi se nel frattempo in Trentino venisse avanti la collaborazione con le altre regioni italiane confinanti. Immaginatevi se si attivasse la fantomatica macroregione del nord est ipotizzata da Fugatti. In pochi anni si brucerebbero decenni di sforzi messi in campo da generazioni per far bella la nostra terra.

E Degasperi,  per l’Autonomia trentina, sarebbe vissuto invano.