AUTONOMIA DIFFERENZIATA, CHE PAURA. 

Da Michele Dallapiccola

Da una mozione del collega Ugo Rossi, l’opportunità di parlare di AUTONOMISMO. 

“Ddl Calderoli, la Giunta monitori il processo” 

E’ passata all’unanimità la mozione del collega Ugo Rossi riguardante il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata. Il dispositivo impegna la Giunta a esprimere in ogni sede le particolarità della nostra autonomia speciale; a proseguire straordinarie modalità di monitoraggio del processo di attuazione dell’autonomia differenziata coinvolgendo i parlamentari e in raccordo con Bolzano. Oltre al coinvolgimento della Prima commissione con sedute di informazione. Si impegna poi la Giunta a predisporre una formale valutazione della portata e delle ricadute del ddl Calderoli sul nostro assetto autonomistico, definendo eventuali emendamenti. Infine, è stato chiesto che il documento venga sottoposto, entro due mesi, alla votazione del Consiglio. 

Qui un estratto delle sue parole.

“Sono convinto che non ci sia nessuna volontà di usare l’autonomia differenziata per colpire le autonomie speciali ma ciò non ci deve esimere dall’essere vigili. Mi spiace che in questa fase di costruzione politica per il futuro una mozione come questa non porti il simbolo delle Stelle Alpine”.

Le quali in quel momento dall’Aula del Consiglio se ne sono state ben lontane. Il loro unico ultimo superstite rimasto, non era nemmeno presente. Ironia della sorte la discussione è avvenuta negli stessi istanti in cui gli autonomisti storici stava diramando un comunicato in cui annunciavano una prossima serata sull’Autonomia differenziata. In separata sede, non certo istituzionale come è stato qui oggi. 

Noi di Casa Autonomia.eu, non potevamo perdere l’occasione di intervenire al dibattito. L’argomento è così importante da averci portato ad intervenire anche in maniera piuttosto dura. Stigmatizzando certi comportamenti del nostro ex partito ma soprattutto quelli dell’attuale governo, nazionale e provinciale.

A seguire riporto la trascrizione puntuale del nostro intervento in aula che la Collega Demagri ha gentilmente voluto lasciare a me. 

“Come il collega Rossi, anche noi, con la collega Demagri di Casa Autonomia, abbiamo un trascorso molto importante. I nostri natali e la nostra carriera politica, la nostra formazione e il nostro modo di essere, si sono costruiti dentro all’alveo di un partito che dell’Autonomia ha fatto Statuto. Un po’ come lei, presidente Kaswalder. Poi, per motivi diversi, noi e lei ci siamo trovati a dover cambiare strada. Lei è stato sedotto dalla corrente più nazionalista, quella che guarda più a Roma, tanto da allearsi con un partito che è sicuramente a destra del nostro arco costituzionale, costruendo delle condizioni che addirittura portarono lei ad essere cacciato dal Partito autonomista. Credo uno dei rarissimi casi nella storia del partito. Invece, noi tre consiglieri, in tempi diversi abbiamo deciso di lasciare il partito autonomista quando la dirigenza ha deciso di seguire le sue di orme. Lei è probabilmente un antesignano di questa svolta a destra del Partito Autonomista visto che, a quanto pare, vi ritroverete a ragionare insieme. 

Racconto questo perché è un po’ la storia dell’autonomismo come fil rouge, come movimento motore delle azioni amministrative dentro a una Provincia che in fondo il partito autonomista nella sua storia ha da sempre piuttosto subito. Nasce come opposizione alla Democrazia Cristiana, quel partito di respiro nazionale, che in realtà ha avuto nelle sue schiere in Provincia di Trento il più autonomista dei nostri rappresentanti, al punto che a Trento gli è stato eretto un monumento. E ci mancherebbe altro, dato che la felice intuizione di Alcide Degasperi di inserirci in un quadro di tutela così forte come quello che abbiamo oggi, è stata per il Trentino più grande delle fortune. 

Poi però, quel partito autonomista, se vogliamo tanto conservatore, ha sofferto e inseguito il suo oppositore ed è finito per innamorarsene in una specie di sindrome di Stoccolma. Ci si è alleato costruendo delle condizioni nelle quali poteva, voleva e doveva dire la sua. 

E così da partito di opposizione, nel ‘98 si trovò a collaborare con i discendenti di quella democrazia cristiana, ricostruiti nel frattempo dentro alla Margherita. Il resto è storia. 

Oggi possiamo dire che in fondo si è creata la migliore delle situazioni: il concetto di valorizzazione, tutela e salvaguardia dell’Autonomia è diventato patrimonio comune a tutte le forze politiche che sono qui dentro in questo arco costituzionale. 

Cioè, se vogliamo, noi autonomisti, tutti affezionati a questo principio possiamo dire che il nostro scopo è stato raggiunto. Quasi forse al punto che è possibile pensare che il partito autonomista, arrivato al suo scopo, abbia la possibilità di sciogliersi. 

Anzi, a dire il vero, a giudicare l’impegno che ci sta mettendo la dirigenza del partito ci sta riuscendo abbastanza bene. Con tutte le fughe di rappresentanti istituzionali che ha avuto recentemente, direi che il risultato è ormai quasi completo. Non c’è elemento qui in Consiglio, da destra a sinistra, che non si consideri autonomista. A questo punto le Stelle Alpine hanno probabilmente preso in considerazione l’idea che la loro esistenza può tranquillamente legarsi al miglior offerente. 

Detto questo, essere autonomisti fa parte di una condizione ontologica che forse ha funzionato tanto bene in politica quanto male fuori da qui. Non so voi, ma io ho l’impressione che i trentini, a questa condizione di Autonomia, si siano quasi un po’ abituati. Cioè sono in molti a non rendersi conto che le cose effettivamente sì, non vanno benissimo, ma nei luoghi in cui non c’è l’Autonomia vanno sicuramente molto peggio. E ovviamente questo stato di diffuso disagio, di condizioni sociali problematiche, soprattutto per chi vive senza un’Autonomia così speciale come la nostra ne determina invidia e fastidio. Nonostante non sia un impegno facile da onorare e che pochi rispettano con onestà. 

Tant’è che ai tempi della spending review, quando Berlusconi, con quell’infausto “mille proroghe” del 18 agosto 2010, chiese una responsabilità straordinaria alle regioni a statuto speciale, a pagare fummo soltanto noi del nord: Friuli VG, Trentino, Alto Adige e Valle d’Aosta. La Sardegna stette zitta e la Sicilia chiese addirittura una manovra assistenziale. Ebbene, nel momento in cui apriranno quella cassaforte che è la nostra Costituzione, per riformulare certi piani normativi, chi ci può garantire che nessuno si sognerà di toccare le due Province Autonome? Questo è un timore che noi abbiamo molto forte. 

E a giudicare dai rapporti che ha questa Provincia con Roma, e da come questa si sta comportando con noi nel momento elettorale le preoccupazioni ci sono tutte. Siam qui con il nostro presidente della Provincia completamente in discussione, dove la cronaca ci racconta che in realtà no, lui non è il sicuro candidato designato presidente, perché a dirlo sono solo due o tre forze politiche.

Invece, quella che sulla carta ha già il risultato migliore in tasca carta ha detto no. In pratica nessuno ha la più pallida idea se, quello che è seduto nella parte centrale del nostro emiciclo, sarà in grado di poter continuare per una seconda legislatura. 

A governare queste schermaglie sono gli stessi partiti che rispondono a logiche nazionali dove la nostra autonomia è tanto invidiata. Ci lasceranno in pace? Noi ci crediamo poco. 

L’Alto Adige possiede delle ben solide tutele giuridiche grazie alla sua condizione di minoranza linguistica (bilingue) molto più difficilmente aggredibile rispetto alle nostre.

E’ veramente un peccato che il partito autonomista non prenda parte a questo dibattito. L’ultimo suo rappresentante in Consiglio, in questo momento risulta assente ed è un fatto molto grave. Questo dibattito, questo punto, per un partito autonomista è un punto imprescindibile, forse uno dei più alti toccati in tutta la legislatura. Ringrazio il collega Rossi per averlo voluto riportare al dibattito del Consiglio Provinciale. Siamo in campagna elettorale per alcune regioni. La lega sta perdendo numeri e quindi sta cercando espedienti per sollevare un morale di seguaci che l’urna invece sicuramente punirà tentando di portare loro più autonomia. Chissà se ce la farà.

Ma noi che ce l’abbiamo già, teniamocela stretta questa Autonomia e cerchiamo di farne più che un dibattito consiliare, una percezione collettiva comune. Il timore che nel cuore dei trentini stia scemando, c’è.”