La genesi di quello che per i pescatori trentini è un vero e proprio FARIO-GATE è tutta a monte, ne abbiamo già parlato.
Esiste un ingrato provvedimento nazionale che vieta l’immissione in natura di specie non autoctone. E fin qui ci siamo, la cosa è assolutamente comprensibile. Il problema è che l’approccio all’elenco di specie ammesse o escluse ha riguardato una data scelta in maniera del tutto arbitrale: praticamente, la scoperta dell’America.
Nel frullatore dei divieti è finita così anche la trota fario. Si tratta di un delizioso pesce che viene utilizzato dai nostri pescatori per ripopolare i corsi d’acqua del Trentino. La storia trova tracce della sua presenza fino al 1500 e così per pochi anni – e per ironia della sorte – la fario ha perso il diritto ad essere riseminata.
La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno ormai quasi due anni fa. Ma oltre ai danni procurati alle varie associazioni di pesca, oggi arriva anche la beffa. A livello nazionale infatti, la questione normativa è stata momentaneamente risolta. E’ di questi giorni l’approvazione della carta ittica della Regione Veneto che riporta la deroga di semina del prezioso salmonide. Se qualcuno è mosso dal desiderio di leggerla in forma estesa trova tutta la documentazione a questo link NUOVA CARTA ITTICA REGIONE VENETO: ZONA A e B
Qui sotto invece nell’immagine si legge l’estratto della tabella ripreso nel punto di interesse specifico.
Come consiglieri di minoranza abbiamo sollecitato a più riprese l’amministrazione provinciale a dare risposte in merito ma la questione rimane ancora in sospeso. E quindi per ora il match Zaia vs Fugatti finirà 1 a 0. Il primo senza autonomia ha trovato il modo di liberare comunque le trote fario, il secondo, con l’Autonomia invece, semplicemente no.
I guai non vengono mai da soli.
Specie quando si amministra la cosa pubblica: nell’ambito della sanità pubblica veterinaria, con il pericolo “aviaria” che incombe e con la peste suina africana sui cinghiali. Siamo di fronte ad un’autentica emergenza casa su ITEA, o davanti ad un’ingestibile epidemia di bostrico post Vaia sul sistema foreste. C’è poi una zootecnia schiacciata dalla crisi dei costi, che aggrava la dilagante chiusura di stalle. La proliferazione incontrollata dei grandi carnivori per una zootecnia afflitta, come se non bastasse, da una probabile riduzione di valore dei Titoli PAC. In viticoltura la flavescenza prospera ed ora arriva l’allarme scopazzi (anche) in val di Non. E chissà che finalmente questo svegli l’attenzione al problema diffuso in tutto il Trentino
Insomma sono tali e tante le emergenze che il competente dicastero provinciale deve affrontare che c’è da pensare che chi si trova gravato da tutte queste responsabilità si trovi a trascorrere qualche bella notte insonne. E qui parlo per esperienza.
Per questo le lanciamo un messaggio di solidarietà e un’esortazione ad avere coraggio. Ma chiediamo anche alla giunta provinciale se non ritenga il caso di intervenire in aiuto alle numerose situazioni critiche irrisolte che un’assessora da sola, si trova a dover affrontare.