Tempo d’estate, tempo di feste paesane. Sagre di qua, eventi di là e la politica comincia a fare capolino un po’ più del solito. Complice l’avvicinarsi delle elezioni del prossimo ottobre.Eppure, questa provincia leghista ci ha abituato a cinque anni di palchi ben calcati. Sarà stato l’imprinting del Matteo nazionale, sarà stato che era più facile fare quello che stare in ufficio ma se va dato un merito a questo governo provinciale, è quello di esser stato presente sul territorio. Dalle sagre più popolari fino alle feste private, questa lega trentina è andata dappertutto. A mescolare polenta, a tagliar nastri, a fiaccolate per qualsivoglia motivo.
Che per queste ragioni non fosse rimasto nessuno in ufficio a portar avanti la baracca-provincia non è mai stato un problema. O meglio lo comincia ad essere adesso che i guai del Trentino stanno diventando seri. Basti pensare a come sono ridotte sanità e scuola.
Eppure il modello “politico alla sagra” tira ancora. E in questi giorni, di piccoli emuli di questo sistema, se ne vedono in giro parecchi. Che siano vecchi volponi che aspiranti consiglieri, alle tavole imbandite delle vostre sagre di paese, cari trentini ne state sicuramente incrociando parecchi. Fateci caso.
Eppure la sagra per quanto aperta e collettiva è un fenomeno che sa essere anche intimo perché di di comunità. E spesso certe presenze stonano. È il motivo per il quale ad esempio non amo andare dove non ho inviti particolari o non sono mai andato. E il contrario la gente lo nota. Invece, il politico che fa quello per i suoi interessi elettorali stona ed infastidisce.
A chi non ci avesse ancora fatto caso mi permetto di suggerire di continuare a fare così. Perché se un politico o aspirante tale non ha frequentato la comunità della quale calca la sagra fino a questo momento di campagna elettorale, passata la kermesse difficilmente lo si vedrà di nuovo.