Anche se è trascorso ormai qualche giorno, vorrei tornare a parlare di un fatto avvenuto a latere della manifestazione tutta “rendenera” delle Giovenche di razza locale. A chi segue la politica, al di là degli aspetti zootecnici e turistici, non è certo sfuggito un fatto increscioso. (clicca qui per saperne di più).
I discorsi dal palco di quella parte di esecutivo provinciale che si dovrebbe occupare di promozione delle produzioni zootecniche sono stati interrotti dai fischi di protesta degli intervenuti. Le parole dei due malcapitati amministratori si sono fermate e i due assessori intervenuti se ne sono andati con una reazione non certo all’altezza del ruolo che dovrebbero interpretare. Per certi versi poi, vanno capiti e sostenuti da una dovuta solidarietà istituzionale. In chi ha fischiato, c’è infatti tanta maleducazione.
Nel frattempo però, vorrei provare a ragionare insieme a voi sul perché sia successo quello che ho raccontato qui sopra. Tra gli allevatori, il clima è sicuramente riscaldato a causa del nulla di fatto sul piano della gestione dei grandi carnivori. Senza escludere che aiuti aggiuntivi alla zootecnia se ne son visti proprio pochi. Chi si aspettava un PSR più consistente è rimasto deluso. E’ inoltre mancata una più decisa e rinnovata modalità di promozione del latte e dei suoi derivati.
Ma questa giunta “vendicativa”, non si è limitata a scontentare soltanto il comparto zootecnico. In ben più di un’occasione passata si è ritrovata a minacciare dispetti o ritorsioni verso tanti “non amici”. A mio vedere, è stato questo continuo essere di parte ad aver causato omertà e un certo clima di paura ad esporsi politicamente. All’inizio della campagna elettorale si faceva fatica a trovare perfino candidati di opposizione a questi governanti.
Finalmente invece, in questa fase finale di legislatura si comincia a percepire un certo desiderio diffuso di ribellione. Gli scontenti hanno trovato il coraggio di reagire. A Pinzolo maleducatamente, in altri ambiti in maniera più composta ma certo non meno esplicita. Dichiarando insomma il proprio dissenso e la propria voglia di rivalsa. Amministratori locali, volontariato, dipendenti pubblici, imprese e lavoratori attendono il momento elettorale come qualcosa di catartico. Del resto nel segreto dell’urna le minacce non trovano certo luogo.
“Ora comandiamo noi” fu l’incipit di un galvanizzato Savoi in apertura di legislatura. Si tradusse in una sorta di rapporto col territorio ammorbato dalla conta “o con noi o contro di noi”. Il resto si tramutò nei fatti della recentissima storia politica trentina. Populismo: tanto, promesse: tantissime. Risultati concreti davvero pochi. Con un Trentino dalle magagne sempre più allineate a quelle nazionali, in barba all’Autonomia. Sanità, scuola, aiuto ai giovani, solidarietà. Tutto sospeso.
Intanto però, laggiù a destra, qualcosa si è rotto. Una sorta di ribellione, un rigurgito di dignità, una presa di posizione precisa e decisa. La presenza di Divina era l’alternativa politica che attendevano in tanti.
Piaccia o meno, si tenti di sminuirla o di denigrarla, la sua è una bella compagine che ai seguaci di Pontida darà qualche bel grattacapo. Anche perché, quei tredici seggi d’oro conquistati dalla Lega nel 2018 grazie all’onda di Salvini, rimarranno per sempre un meraviglioso ricordo. La fiamma tricolore brucia e asciuga. Disidrata, consuma posti in parlamento e in Consiglio provinciale. La Lega locale ne sconterà le peggiori ustioni.
La partita Valduga-Fugatti si è di nuovo completamente riaperta. Deciderà il Trentino