Una volta, quando ancora la politica credeva nella zootecnia…

Da Michele Dallapiccola

A forza di sentirne parlare, la crisi della zootecnia è un argomento che non appassiona più nessuno. E forse, il mondo della società civile può averne tutte le ragioni. Soldi che non bastano per arrivare alla fine del mese, società schiacciata dai problemi degli anziani, sanità in affanno, tanto basta per giustificare. 

Chi non dovrebbe disinteressarsi sarebbe invece la politica, deputata qual’è, ad occuparsi di tutti i settori. Una Provincia Autonoma che nel marketing investe i milioni di euro, a decine alla volta, non può permettersi ignorare la promozione del settore lattiero caseario così come ha fatto in questi ultimi anni. 

I responsabili sono di facile reperibilità: Presidenza e assessorati al turismo e all’agricoltura sono strettamente nelle mani della Lega. Il sillogismo risulta pertanto fin troppo facile. Alla Lega non importa un fico secco di sostenere come si deve, il settore zootecnico. 

Eppure ad indirizzare gli interventi ci penserebbe il quadro giuridico che su un argomento appare piuttosto chiaro. Il settore è già ampiamente più che sostenuto dall’Europa. Tuttavia, alla Provincia Autonoma rimane ancora uno strumento formidabile che, pur in maniera indiretta, permetterebbe di sostenere ulteriormente chi alleva bovini: la pubblicità ai loro prodotti. 

Infatti, c’è stato un passato in cui le iniziative erano state presenti e numerose. 

Oggi invece, tutto sembra lasciato a se stesso. Così ci sono consorzi cooperativi capaci e coraggiosi che la reclame se la sono fatta da soli mentre i più deboli in professionalità e competenza di fronte di un nuovo ulteriore caso di SEU anziché approfittarne, rilanciare e mettere la politica in scacco all’angolo l’unica cosa che sa fare è provare a discolparsi. E continuano a sperare, si perdoni la metafora zootecnica, nella greppia in Piazza Dante.

A questo punto per onestà intellettuale va comunque precisata una cosa. Non c’è ombra di dubbio che la situazione sarebbe degenerata anche nelle mani di una classe politica capace ed appassionata. Il declino però sarebbe stato più lento e meno drammatico proprio come sta invece succedendo in Alto Adige dove la zootecnia è tendenzialmente stabile.

Qui inoltre, alle colpe della politica si aggiungono quelle degli allevatori, pochi e ben divisi. Il risultato è un mix micidiale che probabilmente non fermerà ormai più nessuno. 

Ma quanta consapevolezza e comprensione su questo, possa esserci nei due assessorati implicati, lo dicono i risultati del settore. Gli allevatori non sono imprenditori ai quali fare carità. Sono aziende complicate, difficili da gestire, e che solo una politica davvero capace di indossare camice e calzari zootecnici potrebbe capire. Anche perché a tutte queste problematiche se ne aggiungono di sempre nuove. Prendete il caso di cronaca sanitaria di questi giorni citato poco sopra. Avviene dentro ad una società schizofrenica che vorrebbe la genuinità finta di un bicchiere di latte appena munto. (nella completa ignoranza del fatto che se le nonne di un tempo il latte l’han sempre bollito un motivo ci sarà pur stato). Al tempo stesso chiede la sicurezza integrale, imprescindibile e prioritaria rispetto alle mode radical chic del crudo ma buono. 

Ecco un altro tipico esempio dove la politica ha praticamente lasciato sulla schiena dei contadini la piena responsabilità giuridica ed economica di tutelare la pubblica salute. Anzichè finanziare informazione, costi e prevenzione, la lega al governo del Trentino ha preferito “fumarsi” dieci milioni di euro in un concertone o bloccarne molti di più in promesse di campi da calcio e piste olimpioniche da pattinaggio per tutti. 

Siamo in tanti a ritenerlo non più accettabile.