All’inizio era il cambiamento. “Lasciateli fare, lasciateli lavorare”: ci diceva qualcuno. E in tutta onestà un po’ di dubbi sul fatto di essere troppo severi nei nostri giudizi da oppositori, erano venuti anche a noi.
Fin dai primi mesi però, con le modalità di reperire i fondi per Vaia (cancellando stanziamenti pregressi anziché attivare debito) i dubbi si sono presto fugat(t)i. E a confermarli è arrivato il modo di gestire il Covid e la crisi geopolitica. Le scuse le hanno credute in pochi perché le stesse condizioni di crisi, a Bolzano o in Veneto ad esempio, sono state gestite in maniera più responsabile. Qui invece, sembra quasi che si cerchi di sviare l’attenzione anziché focalizzarsi sui problemi reali. Si lanciano idee, si cavalca il consenso, l’opinione, il momento. Tanto show, tanto presenzialismo, tante promesse. La chiamano vicinanza ai territori. Solo che senza vicinanza agli uffici della Provincia poi, appalti e questioni burocratiche complesse vanno avanti con ritmo e ordine impropri. I tempi di risposta si dilatano e con loro il numero di scontenti. Il problema è che 5 anni sono passati in fretta. E l’impressione che alle questioni tecnico amministrative la lega si sia dedicata poco, c’è tutta.
Basterà un nuovo concerto?
Pare che la prossima estate la lega ce la farà passare all’insegna del bel canto. Al motto “canta che ti passa”, a spese di tutti i contribuenti trentini si organizzeranno dei nuovi concertoni. Basteranno per compensare il disastro di una sanità allo sbando? Basteranno le promesse di appalti milionari in luogo di un sistema raccolta rifiuti in crisi o un caro vita che sembra non fermarsi più? Queste sono solo alcune delle questioni politiche lasciate a se stesse.
E sono tutte destinate a fare la stessa brutta fine dello stadio del ghiaccio di Pinè.
Il caso di malgoverno leghista per antonomasia. A Pinè la lega si era presentata con leggerezza, dispensando ottimismo e sicurezza. E le persone ne erano state più che liete. Ci credevano.
Come tutti i trentini nelle istituzioni, avevano fede. Anche qui l’esperienza comune veniva da un passato in cui dal Governo potevano arrivare anche i no. Ma quando le risposte erano affermative, lo erano per davvero.
Ma era prima del 2019. Poi c’è stato il cambiamento.