Il fallimento del progetto dello stadio del ghiaccio di Pinè è la metafora della politica-fuffa della Lega Salvini al governo del Trentino, tutta social e promesse, fatta di “faremo la prossima volta” e di “ce lo chiedono le persone”.
Il grande sogno olimpico di Pinè è sempre più lontano. Nel pieno timore della giunta provinciale di ammetterlo ed assumersi le relative responsabilità.
Non è un caso che in Altopiano la fiducia ha da sempre stentato a farsi strada tra entusiasmo e scetticismo in una sorta di sentimento agrodolce. “Lo faranno davvero? Non costa troppo? Ci farà bene? Ci manderà tutti in malora?”. Quante domande, quanto contrasto.
Ma alla fine, la proverbiale scaltrezza dei “pinaitri” ha ceduto a quella dell’accoppiata Avio-Rendenera! Perchè in effetti, almeno all’inizio, al dinamico duo di Giunta provinciale erano in tanti a dare credito. E nonostante diffidenza e perplessità serpeggiassero fin da subito, nessuno si azzardava a parlarne pubblicamente. Eccetto una sparuta minoranza che per dovere di mandato istituzionale effettuava il suo lavoro in Consiglio comunale. Confermava, per altro, l’estremo potenziale valore della manifestazione olimpica in sé, senza negare l’estrema contraddizione di costruirci una cattedrale, prima di bonificare il deserto.
Nel partito del “sì ad ogni costo” invece c’è sempre stata la compagine degli affezionati allo sport su lame. E quanto diffuso sia questo spirito in paese, lo certifica l’enorme sostegno che ha raccolto la petizione on line a sostegno dell’opera. Era molto più facile dire di sì a loro e a tutti che affrontare la realtà. Perché Pinè ne ha bisogno, perché Pinè se lo aspetta, perché in Pinè governa la Lega e allora si fa e basta! Anzi, ad un certo punto, il Carroccio aveva pure promesso la direttissima per Cavalese! Ve la ricordate la strada provinciale da Montesover? Avrebbe dovuto collegare i due siti olimpici Pinè-Fiemme. Alla fine era una baggianata talmente grande che nemmeno Fugatti, l’uomo dei tanti sì, è riuscito a prometterla come fattibile per un anno soltanto.
Anche in Consiglio Provinciale lo sconforto è palpabile.
I più sarcastici, ironizzano sul fatto che per arrivare a fare così tante promesse, negli scantinati di piazza Dante abbiano trovato la macchina dei soldi. Per i più disincantati è sempre stata soltanto una questione di tempo. La drammatica notizia prima o poi sarebbe dovuta soltanto arrivare. Considerato il ritardo, la lentezza e la scarsa cura amministrativa con la quale sono stati da sempre affrontati i lavori.
Ora tutti parlano di ricompense e di progetti alternativi. Va tutto bene, comprese le pezze politiche che la Provincia sta provando a metterci sopra. Anche perché la figuraccia ha assunto ormai una dimensione provinciale.
Il fallimento del progetto dello stadio del ghiaccio di Pinè è la metafora della politica-fuffa della Lega Salvini al governo del Trentino tutta social e promesse, di “faremo la prossima volta”, di “ce lo chiedono le persone”.
Così l’Ovalone finirà lì insieme alla Valdastico a Rovereto, all’inceneritore, agli ospedali di Trento e Cavalese, ad un imprecisato numero di funivie (una per ogni valle) e a tante varianti stradali attese davvero come quella di Rovereto; tanto per citare le opere più famose. Tutte sostituite da un bel concertone come se una gran festa a spese dei contribuenti, basti a seppellire tutto.
A Pinè intanto si sono semplicemente buttati quattro anni al vento. Anni di potenziali azioni di sviluppo della località che nel frattempo è stata smembrata nel suo assetto promozionale turistico da una riforma bislacca che in pratica ha riformato soltanto qui. Gli operatori sono stati divisi, mandati a Cavalese e poi lasciati ritornare a Trento, fino (a farli diventar “storni” come si dice nel dialetto locale). I pochi rimasti sono praticamente degli eroi benché gestiscano più che egregiamente questa stupenda – perché tale rimane – località.
Ora le fosse sono piene. E’ il senno di poi che le riempie. Quello di chi l’aveva detto, di chi sapeva, di chi chiedeva le famose ricompense. Accanto alle chiacchiere (comprese le nostre qui) merita rispetto e solidarietà per come sono andate le cose, questa località, che sperava. Ci sperava tanto e invece è stata soltanto presa per i fondelli.