In queste ore la politica italiana si presenta ai suoi elettori con una tristissima sconfitta. Mai nella storia della Repubblica si sono registrati dati di affluenza alle urne così bassi.
Ben sette persone su dieci in Lazio e sei su dieci in Lombardia, han preferito rimanere a casa piuttosto che andare a votare una qualsiasi delle proposte sulla scheda elettorale.
Che poi per conto di quei pochi che siano andati a votare abbia stravinto il partito della Meloni è un dato quasi scontato. La sua esposizione mediatica e la maggior capacità di incidenza sociale grazie ai provvedimenti di governo ha sicuramente influito a suo favore. Ma si tratta di un dato positivo figlio di un marketing elettorale più che scontato.
E ora che accadrà? Nelle malcapitate Regioni un beato nulla. Fin quando una reazione collettiva complessiva individuerà una classe politica degna di fiducia e dunque di preferenza nelle urne. Chissà quando.
E in autunno il Trentino potrebbe succedere la stessa cosa?
Assolutamente si. A meno che l’alternativa alla lega e ai fratelli d’Italia, non si presenti unita, diversamente da come ha fatto nel 2018.
In caso di alleanza coesa, senza terzi poli e divisioni, la presenza di un candidato presidente autorevole e preparato farà sicuramente bene al morale di tutti. E nelle urne, anche alla compagine politica che si presenterà così. Stiamo parlando dell’Alleanza democratica per l’Autonomia che tra poche settimane scioglierà le sue ultime riserve.
A giovare a favore di questa compagine i numerosi deficit di competenza dell’attuale esecutivo. Ma non solo: quanto sarà disposto ad accettare l’elettorato trentino di una tale invadente presenza nel governo provinciale di un partito statalista nazionalista come quello della Meloni? Quanto sostegno offrirà il pubblico impiego ad un governo immeritevole della sua fiducia? Sanitari, insegnanti, dipendenti pubblici in genere. Tantissimi bistrattati con pochissime eccezioni.
La partita delle Provinciali è tutt’altro che scontata.