Allarme acqua, non è una novità. Da un paio d’anni, il nord Italia soffre ormai d’una carenza di precipitazioni di proporzione storica.
Associazioni ambientaliste, governi, amministrazioni pubbliche e sindacali, tutti impegnati ad emettere una serie spaventosa di allarmi (soprattutto mediatici) di fatto non fanno altro che rappresentare semplici constatazioni dello stato di fatto delle cose. Attraverso il quotidiano on-line Il Dolomiti, il dossier di Lega Ambiente certifica ad esempio, come da uno studio nazionale il Trentino-Alto Adige sia la regione italiana con il maggior numero di bacini d’accumulo idrico. QUI IL LINK ALLA NOTIZIA.
Parallelamente non manca il giorno in cui sia l’innevamento programmato a trovarsi al centro delle polemiche. Ora, lungi da me dall’assurgere al ruolo di avvocato difensore degli industriali della neve. Non ne hanno bisogno e non è il mio lavoro. Mi permetto semplicemente di elevare una considerazione a partire dal bellissimo schema che ci insegnano fin dalle scuole elementari attraverso la rappresentazione del ciclo dell’acqua. Dal mare evapora, attraverso le nubi arriva in quota e attraverso le piogge ritorna al suolo.
Ebbene la trasformazione di acqua in neve in quota, ancorché in maniera non naturale, comporta degli indubbi vantaggi. Il congelamento dell’acqua che avviene con metodo e scopo industriale e ricreativo, di fatto rallenta la discesa dell’acqua piovana a valle.
Questo avviene in ben due momenti: la prima fase è quella estivo-autunnale quando si effettua la raccolta negli invasi. La seconda fase di rallentamento è quella invernale quando l’acqua custodita nei bacini si congela allo scopo di produrre la neve.
E’ ben vero che il volume di metri cubi in gioco in questo processo di lavorazioni coinvolge una quantità d’acqua minimale rispetto allo stratosferico fabbisogno di metri cubi necessario per alimentare le falde acquifere al servizio dei nostri centri abitati e la nostra agricoltura.
Inoltre, in quota, la valorizzazione dell’acqua avviene a scopo industriale e questo forse spaventa.
A ben vedere però va considerata una questione fondamentale. Complice il clima, la stagione, la conformazione geologica, pedologica e morfologica del territorio possiamo pensare che a livello micro ambientale locale si possa verificare una sorta di fortunato cortocircuito locale. A duemila metri in inverno non ci sono piante che consumano acqua e poi la evaporano. E il suolo presenta falde poco profonde che alimentano nascenti e ruscelli fin dai livelli più alti. Si tenga inoltre conto che l’evaporazione ambientale in inverno è minore che in estate. Tutte considerazioni empiriche che fanno pensare come molto più probabile ritrovare ancora in situ la ricomposizione di gran parte dell’acqua utilizzata.
Diversa è la questione relativa ai fabbisogni in campo agricolo dove comunque si genera un ulteriore rallentamento della discesa dell’acqua a valle. Da sempre l’agricoltura trentina è impegnata in una propria programmazione di utilizzo sostenibile della risorsa idrica.
Anche in questo campo la Provincia è sempre stata all’avanguardia: proviene da una lunghissima stagione di produzione di impianti di accumulo con un programma pluriennale. Per lungo tempo (praticamente da sempre) è stato alimentato da nuove risorse, almeno fin quando non è arrivata la Lega al governo del Trentino.
Eh sì, perché a ben vedere è proprio con questa legislatura che il processo si è rallentato per non dire completamente fermato rispetto a nuove opere di progetto e finanziamento provinciale. L’attesa di fondi del PNRR ha interrotto quel favorevole processo positivo che vedeva la Provincia impegnata sia con fondi propri che con l’utilizzo approfondito delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea attraverso la PAC.
Il disegno perseguito fu quello di spingere per la realizzazione di una rete di bacini piuttosto articolata. Partendo da questo dato, abbiamo attivato un costante rilievo delle carenze di risposte da parte di questa amministrazione provinciale. Dall’aver rifiutato di proseguire nel solco progettuale ereditato sono derivate le pesanti accuse politiche che fin da subito abbiamo rivolto a questa giunta provinciale. Qui a seguire uno dei tanti documento prodotti in tal senso. QUI IL LINK.
I tanti punti dove si poteva fare meglio
Uno tra i più significativi elementi di inefficienza da imputare alla Lega ad esempio è stato quello di aver interrotto il “Piano acqua Val di Non”, ereditato proprio dalla precedente amministrazione. Avrebbe programmato una serie di connessioni e di ulteriori pompaggi e bacini per cercare di trattenere in quota la più sostenibile quantità d’acqua possibile per lo scopo agricolo.
Un altro dei retroscena più subdoli, a mio modestissimo avviso, è stato il tentativo di gestire un equilibrio politico tra la Federazione dei consorzi irrigui e il Consorzio trentino di bonifica alimentandolo con logiche più di partito che non di razionale azione di appoggio tecnico. Che invece è ciò che meritano e chiedevano due diverse amministrazioni delle acque, comunque di pari valore.
Ciò che hanno ottenuto di fatto è stato un quinquennio di stop di lavori per nuovi bacini proprio sul culmine della fase siccitosa. E così, spesso proprio su invito della stessa giunta provinciale, questi amministratori sono stati indirizzati a rivolgersi direttamente a Roma, nel tentativo di reperire le risorse che non sono state messe a disposizione dal livello provinciale. Ovviamente così è stato ma la scarsità dei risultati enuncia tutti i limiti di questo anti-autonomistico progetto.
Questa deficienza amministrativa ha reso evidente la mancanza di un governo impegnato alla ricerca di un consenso spicciolo più che di un programma pluriennale di investimenti. Se poi vogliamo cercare del buono dentro a questa tragedia climatica possiamo cogliere un dato di fatto. I bacini di accumulo idrico rappresentano un enorme vantaggio per tutti. In controtendenza con la diffusa percezione che siano soltanto infrastrutture a servizio di contadini ed industria dello sci.
Al fine di dare contezza delle considerazioni che abbiamo sopra descritto, con la collega Demagri abbiamo deciso di interrogare la Giunta provinciale al fine di ottenere in una sorta di breve bilancio di legislatura, il numero, la capienza e le funzioni di vari bacini progettati, avviati o ultimati nel corso di questa legislatura.