Parlare di buone notizie di questi tempi è cosa piuttosto rara. Stavolta l’opportunità ce la offrono i numeri del settore turismo. La stagione invernale sta per chiudersi con cifre da record!
Son dati, dei quali deve rallegrarsi tutta la comunità trentina. Spiego il perché. Secondo Confcommercio, questo comparto impatta sul Pil provinciale per il 15%. Un momento di particolare favore economico si riverberà positivamente anche sulla tassazione. La condizione statutaria provinciale ne convoglierà i 9 decimi trattenuti, nelle pieghe del bilancio provinciale.
I costi aziendali, un’escalation incontrollabile!
Nel frattempo alle maggiori entrate per gli operatori del settore si affianca tanta preoccupazione. Le spese sono salite alle stelle. E non riprendiamo soltanto la (sacrosanta) cantilena dell’impresa di turno che si lamenta delle bollette. Vogliamo fermare l’attenzione su qualcosa di reale e diffuso legato all’aumento dei costi in generale e in particolare. C’è infatti una nuova voce sempre più pesante: quella delle commissioni alle OLTA. Un servizio digitale diffuso a livello planetario al quale nemmeno il Trentino non ha potuto fare a meno. Oppure sì, ci ha ben provato e ancora continua a farlo il nostro vecchio caro domestico Feratel, ma la sua capacità di fronte alle grandi sorelle digitali mondiali può fare davvero ben poco. E così questa sorta di nomofobia delle imprese turistiche impone di lanciare, rilanciare, cliccare in continuazione alla comprensibile e spaventosa ricerca del cliente. Le cifre che pagano oggi certe strutture sono diventate impressionanti.
Ma il salasso per gli operatori non si ferma qui. La recente riforma del turismo ed in particolare nella modalità di finanziamento delle APT, ha introdotto il sistema della prevalenza privata di approvvigionamento dei fondi di funzionamento.
In pratica se l’Apt vuole introitare il contributo pubblico per il suo funzionamento deve recuperare una cifra anche solo leggermente superiore dal privato. Morale, dalla sera alla mattina, gli operatori privati associati alle varie APT si sono trovati a dover sborsare fior di quote associative. Spesso con cifre mai viste prima come è accadute ad esempio nell’Alto Garda. Non parliamo di cifre astronomiche ma che in certi casi hanno provocato una vera e propria rivolta con cambio di APT di appartenenza, come è accaduto con l’Altopiano di Pinè che da Fiemme è convogliato su Trento.
I guai non vengono mai da soli
I vari accorpamenti hanno infatti generato parecchio scontento a livello locale. Sia perchè sono stati decisi a tavolino sia perchè poi ciascun ambito ha fatto quello che voleva. In questo stato di anarchia, la gestione centralistica dei capoluoghi del turismo ha di fatto focalizzato l’attenzione sulle grandi località uccidendo la disponibilità di volontariato locale che tanto era fertile con il sistema dei consorzi pro loco. In questo caso le noie più evidenti si sono manifestate nelle Giudicarie. E a farne le spese la qualità dell’intrattenimento e del prodotto turistico delle località minori (Invece è facile fare i bulli in Val di Sole o sul Garda).
Nel frattempo, la trazione del sistema politico turistico ha curvato l’attività dell’Ente pubblico al punto che la sua Società di sistema è ritornata sui suoi passi originali, invecchiata nell’approccio a tanti anni fa. Appare evidente, anche alla lettura del recente Piano operativo che gli impegni presi spingano perché diventi una sorta di “eventificio” tutto proteso ad attirare gente ad ogni costo. Dai concerti alle manifestazioni sportive, ben venga tutto purché facile e subito pronto. Questa sorta di bulimia festaiola nasconde una terribile insidia. Quella di acquistare prodotti preconfezionati dove gli ospiti non scelgono la nostra provincia per il suo valore intrinseco come può essere ad esempio il suo ambiente naturale ma perché qui, si tengono manifestazioni che di fatto sono di proprietà altrui. Ci affidiamo a terzi insomma spendendo tra l’altro fior di quattrini per alimentare diritti e società esterne alla provincia. Solo la professionalità dei tecnici di settore potrà salvare il futuro del turismo trentino da questo miope modo di operare della politica attuale.
La qualità dell’offerta turistica: obiettivo imprescindibile.
In tutto questo proliferare di preoccupazioni l’operatore medio fa sempre più fatica a gestire la qualità. Uno degli elementi che la contraddistingue è senza ombra di dubbio quello di un’adeguata dotazione di personale. Questo concetto vale sia nel numero di ULA impiegate che per la qualità della loro formazione. Per contro siamo oggi di fronte ad un allarmante calo degli indici demografici. A questo si aggiunge una gestione sconsiderata dei flussi migratori col problema immigrazione più subìto che gestito, sia dal livello nazionale che da quello locale.
Trovare personale dipendente è per questo diventata una vera e propria avventura senza fine. Non va sottovalutata la difficoltà ormai endemica che vive il settore alla luce degli aspetti relativi al ricambio generazionale.
La dimensione dei problemi sopra elencati è tale e tanta che alcune strutture, stanno privando la propria clientela del servizio cucina, riducendo la qualifica del proprio hotel a “camera e colazione”. L’impatto, soprattutto di immagine, nelle località interessate dal fenomeno, è negativo e sarà una delle più importanti sfide che la prossima politica provinciale dovrà saper affrontare.
I costi del personale.
In tutto questo fiorire di ostacoli all’impresa turistica, non stupiscono i dati recentemente apparsi sui quotidiani locali che narrano dell’aspetto relativo agli stipendi: il settore della ricettività è quello che riesce a staccare gli assegni mensili peggiori. Lo scriviamo qui in calce a una serie di circostanze che sono un combinato disposto che assomiglia più a un circolo vizioso che è una serie di difficoltà.