Dei titoli PAC, dei PREMI comunitari riservati alla zootecnia, in questi anni si è fatto un gran parlare. Merito di una carta stampata più protesa ad enfatizzare (legittimi) scontri tra imprenditori che ad offrire una corretta ed ampia lettura della realtà dei fatti. A parziale giustificazione dei tabloid va detto che la materia è molto complicata.
Tra i non addetti ai lavori nessuno ha capito (e continua a non capire) niente. La materia è obiettivamente ostica. Forse per questo chi la racconta tende a semplificare. Il risultato? Si rappresenta soltanto che di mezzo c’è un affare dove si possono fare tanti soldi con poca fatica.
Premesso che nemmeno chi la considera un’interessante opportunità di reddito di fatica ne fa poca, rimane in effetti che qualcuno che ha cercato di approfittarne, c’è stato. Il metodo è stato quello di massimizzare il profitto e riducendo l’aspetto zootecnico e di passione per gli animali. Dunque lo scopo originale per il quale erano nati i premi Pac. Da qui, proprio dal senso etico della questione, scaturisce tutta la nostra condanna e il nostro dissenso.
Invece, gli interventi economici, riservati ai pascoli in quota, hanno avuto un grandissimo merito nel mantenimento della montagna. Non dobbiamo dimenticarci che sono nati soprattutto per diminuire il GAP dei costi che l’agricoltura di montagna manifesta rispetto alle sue altre espressioni.
A queste complicate vicende, da qualche anno a questa parte, si sono aggiunte anche molte amministrazioni locali. Sono entrate a gamba tesa nella questione pretendendo un ritorno economico da questa fonte di ripiano delle spese originariamente a disposizione delle aziende agricole. Per questo motivo talvolta irriverenti nei confronti del lavoro dei contadini, hanno fatto di ogni erba un fascio tra allevatori e speculatori aumentando di fatto spesso a dismisura il valore di affitto dei pascoli e degli alpeggi di proprietà.
Gli imprenditori zootecnici impreparati a questo repentino cambio di parametri di gioco si sono spesso trovati a combattere dentro a un “gioco” al rialzo che ha generato ben più di un dissapore e di un’incomprensione.
Se ciascuno avesse fatto la sua parte e tutti avessero lavorato con onestà, questo non sarebbe successo. Perché nei margini di operatività degli enti locali c’era la possibilità di attivare dei bandi secondo la modalità dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Una condizione che avrebbe favorito le imprese locali rispetto agli speculatori. Così non è stato e si è demandato di lasciar fare tutto a Bruxelles. Nel frattempo la Giunta provinciale se ne è ben guardata dal parlare in pubblico anche solo minimamente di ciò che stava avvenendo.
Troppo comodo per la lega al governo del Trentino, promuovere soltanto i propri presunti successi elettorali rispetto al dare ampia e precisa informazione riguardo alla prossima Pac.
Il risultato è stato che per molte aziende agricole il valore della prossima domanda unica subirà una pesante contrazione. Così sarà sicuramente per il settore Ovi Caprino e in particolare per il comparto dei transumanti.
Su Terra&Vita, un competentissimo Prof Angelo Frascarelli, offre una sintesi tecnica dei recenti riscontri che potrà avere il ricalcolo dei Premi PAC. C’è tutto al link qui sotto:
Ciò che qui insieme noi possiamo considerare è che una legislatura partita tutta in salita con un assessore competente privo di esperienza nel settore, si sta infine chiudendo nel peggiore dei modi. E il brutto è che queste gravi implicazioni denunciate si ripercuoteranno anche sulla prossima legislatura, indipendentemente da chi vincerà le elezioni.