GLI IMMIGRATI? AIUTANO L’ECONOMIA. AD AMMETTERLO ADESSO È ANCHE IL GOVERNO MELONI

Da Michele Dallapiccola

Le battaglie della destra populista li hanno sempre definiti “risorse boldriniane” Come se il patronato etico-politico nei confronti degli immigrati appartenesse alla ex Presidente della Camera. Oggi, come una nemesi, di fronte alla realtà, gli immigrati diventano una risorsa anche per il governo Meloni. 

Accade infatti che Giancarlo Giorgetti, Ministero dell’Economia scive nel Def – il principale documento di programmazione economica del governo – che l’arrivo di popolazione straniera in età lavorativa potrà migliorare il rapporto tra debito e Pil anche di 30 punti: «Data la struttura demografica degli immigrati che entrano in Italia, l’effetto è significativo sulla popolazione residente in età lavorativa e quindi sull’offerta di lavoro», si legge.

Anche nel rapporto Ocse 2021 si dice che i migranti contribuiscono in tasse più di quanto ricevono in prestazioni assistenziali, salute e istruzione. Piaccia o no. 

Per l’Italia il loro contributo all’economia vale quasi 144 miliardi, il 9 per cento del Pil che è tornato a crescere e così l’occupazione straniera. Il tasso di occupazione degli stranieri è oggi al 57,8 %, ancora leggermente inferiore rispetto a quello degli italiani (58,3 %).

Gli aspetti locali della crisi.

Nel Trentino asfittico alla perenne ricerca di personale per qualsiasi attività questo è un dato più che familiare. Agricoltura, turismo, commercio: tutti alla disperata ricerca di personale. 

I numeri sono impietosi: mezzo milione di persone convivono e in parte lavorano per quasi 6 milioni di turisti che si fermano qui per oltre trenta milioni di notti. 

Ai settori, i trentini di manodopera propria non ne vogliono offrire più. I fattori? Molteplici. Innanzitutto la denatalità. Manca la “materia prima” cioè le persone perché nascono sempre meno figli. In secondi luogo l’ascensore sociale dove tutti si imbarcano ha messo in cattiva luce la stagione la gavetta che gli adolescenti del boom e post boom economico praticavano in gran numero. Sono pochi insomma quelli che in gioventù, decidono di impegnarsi in una “stagione “ lavorativa. E poi gli stipendi. Fermi, miseri, bloccati da un costo del lavoro e prassi d’impresa in grado di scoraggiare qualsiasi buona volontà. 

Così, ad occupare i gradini più bassi dell’occupazione, si rendono disponibili figure professionali che per stato sociale o psicologico sono disposte ad accettare condizioni di vita dai trentini inaccettabili. Questo non può essere un futuro e nemmeno un presente. 

Una nazione, una provincia che si rispetti non può pensare che ci possano essere cittadini di serie A che sfruttano cittadini di serie B. 

Ma di questa faccenda potremmo finire a disquisire ore. Per ora è già importante che sia sempre più evidente che di una “buona” immigrazione, gestita e non subita, abbiamo estremo bisogno.

E forse nella notte dell’era leghista che grida “al negher” comincia a farsi un po di luce