Capolinea per i sindaci delle città sopra i 15mila abitanti? La maggioranza provinciale ha ben altro a cui badare.

Da Michele Dallapiccola

La questione delle deroghe ai mandati dei politici è affare che quasi carsicamente appare e scompare, a seconda del periodo del livello e dei personaggi che la tirano in ballo.

Ma come l’acqua dei corsi friulani è da sempre fatto di cronaca presente e vivo, anche quando meno evidente. Così al riguardo c’è un continuo fiorire di opinioni e pareri che, come cuore di questo mio breve pensiero a seguire, appaiono spesso legati ad un proprio affare personale. 

Intendiamoci, con questo non vuole chiamarsi fuori dal coro uno che, qualora il proprio ex partito fosse rimasto coerente al suo passato, una deroga alla ricandidatura l’avrebbe chiesta. In vero, non è stato necessario crucciarsi più di tanto. La sua dirigenza lo ha venduto alla destra prima che la mia eventuale richiesta dovesse arrivare ad esser presa in considerazione. E fu così che lo lasciammo finire in svendita, a contratto con chi comandava in quel momento. 

Ma torniamo alla cronaca politica odierna dove figure politiche che discutono sul limite dei mandati non ne mancano proprio. In Trentino in questo momento, le opinioni cadono tutte sulla schiena di un solo paio di sindaci. Eppure, al di là dei loro desiderata e del loro destino, ad arrivare tra poco, a disposizione dei vari opinionisti locali, ci sarà la discussione di un limite ancor più interessante per la nostra provincia. Il Presidente della Provincia non può rivestire questo ruolo per più di due mandati di seguito.

Sarà forse per questo che la Lega sembra già quasi mettere le mani avanti. Attraverso una delle sue seconde linee di comando ha comunque espresso con favore che i sindaci sopra i 15mila abitanti possano candidarsi ancora. Quasi a presagire al come si esprimerà a breve quando il Carroccio locale sarà chiamato a dire cosa ne pensa riguardo ad un terzo mandato per Fugatti. Per ora escluso per legge. In Trentino la norma in parola possiede radice autonoma anche se nel parallelismo nazionale, sono alcune le regioni italiane a trovarsi nelle medesime condizioni. Molte tra l’altro tra le fila della Lega che controlla quasi tutti i governatori del Nord. 

Lo scoglio nazionale

Qualcuno sta chiedendo al governo nazionale di intervenire. Ma anche ai meno preparati in materia sembra difficile intravedere condizioni che porteranno un accordo tra Lega e FDI in tal senso. Ecco allora che quell’intendimento concorde che sarebbe necessario per cambiare anche la legge provinciale, sembra proprio mancare anche qui. Dove Fratelli d’Italia già si gusta la possibilità di terminare la legislatura sedendosi sulla sedia più importante della Pat. Forse un po’ noncurante che il compito sarebbe molto arduo. Da quella poltrona dovrebbe coordinare, anche solo per qualche mese, degli assessori leghisti, tutti ben abituati ed essere tenuti in palmo di mano dal loro presidente. Tutti preoccupati dal primeggiare uno sull’altro, tutti protesi ad individuare un proprio presidente. E molto ci porta a pensare che le scelte non ricadrebbero tra le fila dei seguaci della Giorgia nazionale.

Gli attori di contorno

In tutto questo vegetano gli autonomisti. Che con il loro accordo con Fugatti in prospettiva di chiusura molto probabilmente vivono un po’ gli stessi sentimenti cantati da Carmen Consoli in un suo noto brano di qualche anno fa: confusi e felici.

Felici di aver vinto un posto a nomina in giunta. Noncuranti che il prezzo pagato sia stato un simbolo che aveva alle spalle oltre 70 anni di dignità. Tutti bruciati per un posto al Mart, ops, al sole. Con un partito distrutto, diviso in due, colonizzato dai dorotei di ogni specie, vanno anche capiti e in fondo compresi. Ora sembrano un po’ confusi sulla linea da tenere sulla questione deroghe ai mandati. 

Al riguardo delle potenziali ricandidature si sono infatti espressi favorevoli al rispetto delle regole. Secondo loro i due Sindaci di città over 15mila abitanti se ne dovrebbero andare. Forse perchè in quelle città, loro non sono in coalizione al comando? Eppure, ciò che resta del loro partito ha sempre vissuto deroghe, assegnate a chi interessava darle. Tra tutte quella di qualche anno fa ad un senatore che in barba allo statuto trattenne a sé la carica di segretaria di partito. 

Ecco allora che nel solco di quell’antefatto sembra proprio che l’attuale segretario si lasci sfuggire l’occasione di dimostrare anche la propria di attitudine al rispetto delle regole. Pare che si stia preparando al prossimo congresso mantenendo la carica di assessore senza dimettersi (come avrebbe dovuto già fare da un pezzo), come prevede lo statuto, da quella di segretario. 

Allora sì la sua opinione riguardo al destino dei due sindaci di cui sopra avrebbe un minimo di valore. Utile da riutilizzare quando sarà il momento di esprimersi (due anni passano in fretta) riguardo al destino di chi gli ha regalato un posto in giunta Provinciale. Altrimenti sarebbe il solito predicare bene e razzolare male