Nacquero praticamente 60anni fa. Questi Corpi intermedi destinati ad essere istituzione poco compresa dal grande pubblico.
Proprio per questo, facilmente esposti alle osservazioni del populismo. Eppure, nel corso degli anni, questi enti hanno assorbito sempre più funzioni e acquisito sempre più forte personalità istituzionale. Sottesi tra l’appellativo di carrozzoni da parte di qualche minoranza impertinente e poltronifici da parte di qualche minoranza frustrata.
Com’è andata finora?
Grazie ai sindaci e al sistema degli enti locali hanno combattuto e fin qui vinto una dura battaglia per la loro identità. Sopravvissuti alla riforma del 2009 (che doveva essere epocale), ad una successiva controriforma, alle nuove competenze della scorsa legislatura, arrivano ai giorni nostri per finire direttamente sulla graticola della lega. Per fortuna, per riamanere in metafora, ora la lega si accorge che non ha legna per accenderci sotto il fuoco. In pratica non ha idee, non ha la più pallida idea di come procedere.
E non c’è mica da biasimarla perché in fin dei conti le Comunità di Valle dopo una serie di riforme lunga dieci anni, di profondi cambiamenti, non ne hanno proprio bisogno. Purtroppo la lega è probabile vittima di quello che le psicologia sociale chiama “tunnel mentale collettivo”. Sono anni che, fuori dal potere critica queste istituzioni. Oggi si trova a governare eppure continua a farlo.
Sembra quasi non essersi accorta di tutto quello che nel frattempo è cambiato. Si comporta ancora insomma, come quei soldati giapponesi che bloccati su qualche isola del pacifico continuavano a sparare anche se la guerra era finita. Pare, da anni. La letteratura ne riporta parecchi, leggete qui
Le Comunità di Valle, oggi.
Hanno acquisito un grandissimo valore. Innanzitutto svolgono servizi intercomunali che attraverso economie di scala migliorano la qualità per l’utente e riducono il costo per l’ente pubblico.
Assolvono a funzioni delegate dalla PAT, permettendo alle nostre comunità di montagna di ricevere, in prossimità, assistenza sociale, accesso ai contributi sulla prima casa, governo dell’edilizia abitativa e molto altro ancora.
L’evoluzione definitiva è arrivata attribuendo loro anche la funzione di programmazione finanziaria attraverso il Fondo unico territoriale. Si affianca alla pianificazione urbanistica da tempo attribuita alle Comunità per permettere ai comuni di coordinare destinazioni urbanistiche di interesse collettivo ed evitare costose sovrapposizioni di opere pubbliche.
Ha senso cambiare?
A mio avviso no. Si potrà disquisire se la composizione dell’assemblea può avere un maggiore o un minore numero di rappresentanti si potrà meglio definire quale ruolo avranno i sindaci e le amministrazioni comunali. Si potranno costruire esecutivi ed organi di consultazione con diversa composizione numerica. Ma oltre a poco altro, pensare di modificare pesantemente ancora una volta questi importanti enti mi sembra davvero fuori luogo.
Tuttavia, consiglio agli amministratori locali e alle persone alle quali sta a cuore l’Ente intermedio di sentirsi preparati a tutto. L’esperienza fin qui maturata ci porta a pensare che la lega la fantasia la esprime al meglio nel distruggere piuttosto che nel costruire.