E’ la solita domanda. Se la scambiano contadini e appassionati del settore specie quando non si incontrano da tempo.
E in queste discussioni mi ci butto anch’io. Non ho mai perso infatti, il piacere di trascorrere qualche fine settimana ogni tanto a girare per le stalle della Valsugana dove per vent’anni ho servito i miei affezionati clienti. E anche oggi a quasi 8 anni da quando ho sospeso la professione li ritrovo con immutato piacere e vengo ricambiato dalla stessa amicizia di allora.
Nei racconti e dalle informazioni avute da loro in questi giorni, non ho trovato però la stessa forza d’animo e buona volontà di sempre. Scavando nelle motivazioni purtroppo mi sembra di averne inteso anche i perchè.
La burocrazia oltremodo asfissiante
Quella che affligge ogni azienda e dunque anche la parte amministrativa dell’allevamento, ora ha definitamente coinvolto anche il sistema sanitario veterinario. Va specificato che la digitalizzazione è nata con la buona volontà di voler aiutare gli agricoltori nell’interesse della sacrosanta sicurezza alimentare. Purtroppo però qualcosa è andato storto. I controlli incrociati e gli asfissianti impegni normativi sono arrivati agli estremi anche in questo campo.
A difesa dei miei stimati colleghi veterinari penso soprattutto perché anche nell’igiene e nella sanità pubblica la carenza di personale si sente tutta.
La marginalità sempre più bassa.
E’ il fattore che coniuga entrambe le metà di cielo produttivo caseario del Trentino.
Apro un piccola parentesi per ricordare che la raccolta del latte, specialmente in Valsugana è operata da un privato e da una grossa cooperativa. Quest’ultima, nonostante le raccomandazioni della politica, ha tenuto chiuse le sue porte a nuovi soci, per lungo tempo. Solo recentemente, pare a seguito di pesanti pressioni della giunta provinciale, sembra abbia accolto qualche nuovo socio. Non si sa sulla base di quale criterio o se altri verranno ancora accolti.
Questa situazione di duopolio, unita ad un mercato che sconta la concorrenza europea, ha determinato dalle condizioni di prezzo del latte locale piuttosto particolari. E’ rimasto tutto nell’alveo del gestibile o almeno tollerabile fin quando le cose sono andate bene, specialmente dal punto di vista della marginalità. Ma ecco che improvvisamente ha fatto irruzione sul quadro congiunturale del momento, l’enorme aumento delle materie prime e dell’energia. Hanno colpito profondamente anche il settore zootecnico e le difficoltà e le differenze sono diventate vere e proprie spine.
A pagarne le spese, un settore dalla delicatezza cristallina.
La zootecnia è sostenuta da un sempre più ridotto numero di partite iva. Eppure, è l’attività economica che ha la più grande responsabilità nei confronti del settore trainante l’economia trentina: il turismo.
Senza terre coltivate, l’appeal della nostra Provincia, nei confronti dei potenziali ospiti, sarebbe ben diverso. Ma se non ci arrivano nemmeno i due assessori competenti (al posto di uno), forse anche la sola denuncia da parte di un consigliere di minoranza, è un atto un po’ inutile. Speriamo che riprendendo in mano la questione, a questo punto dopo il 2023, non sia troppo tardi per rimediare.
PS. Se qualcuno ha letto nella data qualche eccesso di vanità riponga pure i suoi sospetti. Gli addetti al settore lo sanno benissimo è la data di partenza del nuovo PSR. E forse anche di qualcos’altro.