Uno dei casi più interessanti del 2024 l’ho incontrato questa scorsa estate. Sono stato chiamato a visitare una povera pecora Suffolk, afflitta da un grave eczema facciale. L’animale era tenuto al pascolo controllato in Alta Valsugana.
Precedentemente curata senza successo per sospetta parassitosi, manifestava lesioni che piuttosto facevano pensare a tutt’altro. L’assenza di ispessimento della cute escludeva infatti acariasi mentre la simmetria delle lesioni e la loro localizzazione in zone non coperte da lana era assolutamente compatibile con una forma di eczema da fotosensibilizzazione. Inizialmente, ho immaginato fosse provocata da qualche sostanza assunta da piante tossiche sul pascolo, aggravata da una sopravvenuta piodermite. Così, in un primo tentativo terapeutico abbiamo provato ad applicare crema ad alta protezione solare sulle lesioni e somministrato antibiotico ad ampio spettro per via generale. La risposta è stata troppo blanda.
Allora, alla cieca abbiamo somministrato epatoprotettori, zinco e selenio. In seguito, la cute è stata protetta con alcune applicazioni di zolfo. Abbiamo anche effettuato una biopsia inviata poi ad esame istologico.
Questo ci ha finalmente indirizzato ad una diagnosi – ancorché ex adiuvantibus – di elevatissima compatibilità con un’intossicazione da sporidesmina. Infatti l’animale ha manifestato una rapida remissione dei sintomi.
Si tratta di una tossina prodotta da alcuni funghi del genere Pithomyces, in particolare Pithomyces chartarum. Questo fungo cresce principalmente su vegetazione in decomposizione, come steli d’erba morti, ed è comune in climi umidi e caldi come in Nuova Zelanda.
La sporidesmina è responsabile di una malattia nota come fotosensibilizzazione epatogena o “facial eczema” nelle pecore ma anche nei bovini. Danneggia il fegato e le vie biliari degli animali che la ingeriscono.
A sua volta il danno epatico impedisce l’eliminazione della ficoeritrina, un prodotto derivato dalla degradazione della clorofilla, che si accumula nel sangue. Da qui, la ficoeritrina si deposita nella pelle, viene attivata dalla luce solare e causa gravi lesioni cutanee e infiammazioni, soprattutto in aree non pigmentate o scarsamente coperte da pelo. Qui si formano lesioni cutanee dolorose, quindi soprattutto sul muso (da cui il nome “facial eczema”).
Per limitare nuovi episodi, sarà ora importante ridurre l’esposizione degli animali a pascoli contaminati. Andrà tenuto conto che il sole può limitare la crescita del Pithomyces chartarum.
Sarà poi utile trattare periodicamente gli animali con dello zinco che protegge il fegato dagli effetti della sporidesmina.