Complice l’attenzione della carta stampata si scaldano i motori per la campagna sul referendum che promuove il biodistretto in Trentino
I chiarimenti sono d’uopo: il biodistretto non produrrà nulla di coercitivo. Dentro al distretto, qualora approvato ciascuno sarà poi libero di fare come può.
Potrebbe questa essere un’occasione per chiarire però alcuni concetti.
- Anche in caso di metodo biologico ad esempio, andrà chiarito che i trattamenti si faranno comunque. Coltivare bio non significa non trattare. Ad essere diversi sono i tipi ed il numero di sostanze che si usano. E i principi attivi che si usano verso i parassiti delle produzioni devono comunque risultare efficaci. Dunque portatore di un certo margine di tossicità e pericolosità.
- Altro aspetto che andrebbe chiarito è che la proposta sul tavolo, qualora raggiungesse efficacia legale nulla aggiungerebbe e nulla toglie a tutto quello che già non si possa fare con gli strumenti che già esistono
- Infine, sul tavolo della discussione, la presenza di un’inutile nuova norma provinciale. Di fatto rincorre, non con poco affanno questo stato di cose. Anzi, a mio modesto avviso le peggiora. Dentro ad una grande confusione mediatica tenta di inserire un ulteriore ente, quello dei “distretti del cibo”.
Parliamo di cibo e alimentazione.
Bene, anzi benissimo, non se ne parla mai abbastanza. Ma chiedo, era questo il modo? E gli strumenti che c’erano potevano venir meglio valorizzati?
La lega, si è appena approvata in consiglio provinciale una norma che vorrebbe chiudere, senza di fatto esserci finora riuscita, gli enti Strade del vino dei formaggi e della mela per farne un unico ente.
Adduce questioni di efficientamento, dei costi e altre amenità. Subito dopo però quella famosa lega della sburocratizzazione e delle semplificazioni parte quarta. Dentro ad una propria “leggina sul bio”, fatta più che altro di adeguamenti normativi, tenterà di attivare in parallelo anche questi distretti nell’intento di una migliore valorizzazione del cibo Trenino. Pur scopiazzando norme nazionali, questo impegno sulla carta questo potrebbe sembrare meraviglioso, ma in pratica?
Quanto è disposta ad investire su cibo e salute la Provincia?
Qualche anno fa, chiesi ad un manager di Melinda a che cosa attribuisse il successo della qualità delle mele trentine. Oltre a confermare l’ottimo prodotto rispose che serve un’adeguata promozione.
E come si fa a stabilire quanto e come sia adeguata? E’ piuttosto semplice, per valorizzare un brand o un prodotto devi solo dire quanti zeri sei disposto a mettere dopo la cifra corrispondente ai soldi che vuoi metterci. Disarmante ma vero!
E non fa una grinza, solo che la lega qui ha fatto il passaggio inverso. Raddoppierà, ma la riuscita è tutto da vedere, gli enti promotori del cibo pur avendo dimezzato i fondi sulla promozione settoriale. Un miracolo? Finora no, solo calma piatta, perché di concreto, non si è visto nulla.
Non se la passa bene nemmeno il comparto agroalimentare in seno alla marketing. Come il cane di due padroni (due sono gli assessorati si contendono la gestione del comparto) rischia di morire di fame. Le Apt sono tutte prese nella loro riforma, la sede centrale alle prese con una nuova organizzazione del settore agroalimentare ancora tutta da impostare nelle numerose connessioni con chi si dovrebbe occupare di food&beverage in Trentino. Per ora sappiamo solo che si basa sulla disponibilità e l’esperienza di qualcuno che verrà selezionato ad hoc.
Anche se privo di titolo di studio adeguato: così dice il bando.
Ecco, parlare di qualità dei cibi, di biodistretto, di agroalimentare in Trentino in mezzo questa confusione a mio modesto avviso qualche preoccupazione a mio avviso la provoca.